Lucio Garau

Monumenti Pianistici



Dal 1998 al 2003 L. Garau ha curato il progetto Monumenti Pianistici per gli Amici della Musica di Cagliari.

Concerti monografici che alternano delle nuove composizioni elettroacustiche a composizioni originali per pianoforte di alcuni compositori del passato. A Cagliari, in particolare, il concerto si è svolto così: al centro della sala si trovava il pianoforte, intorno al pianoforte gli spettatori e intorno a questi ultimi un sistema di altoparlanti. Al centro quindi l’autore, la cui opera costituiva tema e oggetto dell’analisi, e intorno la musica elettroacustica di oggi. Una importante sfida, lanciata in questo progetto, è quella di affrontare il problema della "riconoscibilità" dei frammenti.

Nel 1998 Schubert, nel 1999 Schumann, nel 2000 Chopin, nel 2001 Brahms, nel 2002 Beethoven, chiude il ciclo nel 2003 Debussy.

Ogni anno hanno scritto per il programma di sala musicologi e studiosi di discipline artistiche:

1998 Annarita Addessi e Giordano Montecchi
1999 Nicola Verzina
2000 Gianluigi Mattietti e Massimo Marino
2001 Alessandro Mastropietro e Maurizio Sciaccaluga
2002 Francesco Leprino
2003 Antonio De Lisa


Hanno partecipato i compositori:
Luigi Abate, Milano; Pedro Barrientos Duque, Malaga/Spagna; Michele Biasiutti, Padova; Lelio Camilleri, Firenze; Doria Cantatore, Bologna; Giovanni Cospito, Milano; Armando Gagliano, Palermo; Francesco Giomi, Firenze; Atli Ingolfsson, Bologna/Italia-Islanda; Fernando de Izuzquita, Barcellona/Spagna; Ulrich Krieger, Berlino/Germania; Francesco La Licata, Bologna; Daniele Ledda, Cagliari; Francesco Libetta, Lecce; Theodore Lotis, Londra/Inghilterra-Grecia; Alex Martinez, Barcellona/Spagna; Andreas Mniestris, Corfù/Grecia; Gian Marco Mora, Parma; Arturo Moya, Barcellona/Spagna; Paolo Pachini, Roma; Andrea Padova, Lecce; Guido Pegna, Cagliari; Enzo Pellegrino, Benevento; Patrick Portella, Marsiglia/Francia; Domenico Scjaino, Palermo; Rafet Rudi, Prhistina/Koshovo; Gabriele Manca, Milano; Francesco Antonioni, Roma; Giulio Castagnoli, Torino; Annette van de Gorne, Bruxelles/Belgio; Henrik Strindberg, Stoccolma/Svezia.

Il creare inteso come apprendere dai maestri, copiandone le opere e poi rielaborandole appartiene da sempre alla storia della cultura occidentale. Ma con l’età industriale si è creata una dicotomia schizofrenica. Da un lato , connessa allo sfruttamento commerciale delle “opere dell’ingegno” , si è instaurata l’idea dell’esclusività della proprietà letteraria e artistica corredata dall’idea dell’intangibilità dell’opera stessa. dall’altro lo sviluppo della riproducibilità tecnica e della tecnologia, specialmente in campo musicale, hanno spalancato alla creazione nuove e infinite possibilità di appropriazione e rielaborazione delle opere preesistenti. L’arte e la musica odierne non possono prescindere dal confrontarsi con le opportunità che la tecnologia e le nuove poetiche che vi si collegano suggeriscono loro con insistenza in materia di appropriazione del già fatto. In tal modo entrano però in conflitto con un’ideologia dell’operare artistico che ha trasformato in valori etici ed estetici esigenze nate principalmente da motivazioni economiche. Le nozioni abbinate di “plagio” e “originalità” sono la risposta di un’ideologia mercantile che tende a negare la possibilità di concepire un’arte che si appropri liberamente delle opere e delle tecnologie esistenti per elaborare nuovi modelli di organizzazione dei materiali. Ma la creazione come ars organisandi rivendica fortemente la sua natura di processo , in quanto tale , indipendente dallo statuto dei materiali coinvolti nel suo operare. In quanto ancorate a un pensiero che è figlio del principio (un principio ideologico) di “originalità” come valore essenziale della creazione artistica, la critica, l’estetica, l’analisi annaspano trincerandosi nel rifiuto della messa in questione di questo principio, oppure sforzandosi di trovare i criteri per elaborare una nuova ermeneutica.
(G.Montecchi)



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